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26 agosto 2011

La notifica presso la Filiale dell’Istituto di Credito

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Pubblichiamo un provvedimento del Tribunale di Benevento e, in particolare, della dott.ssa Floriana Consolante, che affronta il problema, ampiamente discusso, della validità della notifica effettuata presso la Filiale dell’Istituto di Credito anzichè presso la sua sede legale. Il provvedimento è stato reso in un giudizio  proposto per la restituzione di somme, in cui un Istituto di Credito è rimasto contumace a seguito della notifica dell’ atto di citazione effettuata presso una propria filiale. Costituitosi in giudizio all’udienza nella quale il Giudice avrebbe dovuto conferire incarico al perito contabile, l’ Istituto di Credito ha eccepito la nullità della notifica e ha chiesto di essere rimesso in termini, non solo ai fini istruttori, ma anche con riferimento alle eccezioni non rilevabili d’ufficio (in particolare all’eccezione di prescrizione). Il Giudice, dunque, con specifica motivazione, ha statuito che per giurisprudenza di legittimità consolidata, con riferimento alle persone giuridiche private, le notificazioni vanno effettuate presso la sede legale ed effettiva “con la conseguenza che è viziata da nullità la notifica eseguita presso un ufficio distaccato o periferico, privo di autonomia e soggettività distinta, restando a tal fine del tutto irrilevante che gli organi preposti a detto ufficio periferico siano muniti del potere di rappresentanza processuale“. Dal provvedimento, dunque, si evince l’irrilevanza dell’eventuale qualifica institoria in capo al direttore di filiale. Va osservato, inoltre, che il Giudice ha fissato una nuova udienza di prima comparizione e trattazione della causa, in tal modo, consentendo all’Istituto di Credito convenuto di proporre ritualmente le eccezioni non rilevabili d’ufficio.

26 marzo 2011

Sulla prescrizione…..evoluzione giurisprudenziale e legislativa

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La famosa sentenza della Cassazione  a Sezioni Unite n. 24418/2010

Prima dell’intervento della sentenza della Cassazione  a Sezioni Unite n. 24418/2010 l’orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità sanciva la decorrenza del termine di prescrizione  sempre e in ogni caso dalla chiusura del conto (cfr. Cass. 10692/07; Cass. 2262/84). Si sosteneva infatti, che il contratto di conto corrente bancario è un contratto unitario che, pur se articolato in una pluralità di atti esecutivi, non dà luogo a singoli rapporti ma ad un unico rapporto giuridico; per tali motivi, i vari prelevamenti ed accreditamenti determinano solo variazioni quantitative dell’unico originario rapporto costituito tra Banca e cliente.

L’orientamento pregresso è stato in parte modificato dalla ormai nota sentenza n. 24418/10 delle Sezioni Unite, che ha enucleato il seguente principio di diritto:

 “se, dopo la conclusione del contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati”.

Diversamente da quanto sostenuto da alcuni, la Suprema Corte non ha affatto previsto sic et simpliciter  che la prescrizione del diritto decorre dalla chiusura del rapporto, ma ha effettuato un distinguo ben preciso tra versamenti solutori e versamenti ripristinatori della provvista.

Secondo la Cassazione l’unitarietà del rapporto giuridico derivante dal contratto di c/c bancario non è di per sé solo un elemento decisivo al fine di individuare nella chiusura del conto il momento da cui debba decorrere il termine di prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito che eventualmente spetti al correntista nei confronti della banca; ciò in quanto, al pari di quanto accade in altri rapporti di durata (locazione, affitto, somministrazione) l’unitarietà del rapporto non impedisce di qualificare indebito ciascun singolo pagamento non dovuto … sin dal momento in cui il pagamento medesimo abbia avuto luogo, ed è sempre da quel momento che sorge dunque il diritto del solvens alla ripetizione e che la relativa prescrizione inizia a decorrere.

Dunque la precedente risposta giurisprudenziale sulla decorrenza sempre e comunque dalla chiusura del conto è stata espressamente disconosciuta e, in concreto, si possono ipotizzare le seguenti situazioni:

1) addebito di interessi e competenze non dovuti su conto “scoperto” non affiancato da apertura di credito: la prescrizione decorre dalla data del versamento o dei versamenti in conto corrente immediatamente successivi all’addebito, fino a concorrenza del relativo importo;

2) addebito di interessi e competenze non dovuti su conto “passivo”, nei limiti dell’apertura di credito, con il conto che successivamente sconfina: la prescrizione decorre dalla data del primo versamento extrafido, fino a concorrenza dell’addebito illegittimo;

3) addebito di interessi e competenze non dovuti su conto “passivo” che non supera mai il limite dell’apertura di credito: la prescrizione decorre dalla data del primo versamento o dei primi versamenti successivi al venir meno dell’apertura di credito (per scadenza o revoca, formale o anche “di fatto”), fino a concorrenza degli importi illegittimamente addebitati; e ciò sia ove la cessazione avvenga alla chiusura del rapporto di conto corrente, sia prima, nel qual caso il conto continua ad operare come conto “scoperto”.

Conseguenza di questo nuovo orientamento, dal punto di vista processuale, è che le consulenze tecniche dovranno, anzitutto, accertare se il conto abbia operato con o senza apertura di credito, e nel primo caso se e quando sia avvenuto il superamento del limite dell’apertura di credito. Dal punto di vista probatorio, è evidente che sarà il correntista a dover provare l’esistenza di un’apertura di credito a suo favore, se vuole estendere la propria domanda di ripetizione di indebito oltre il decennio a ritroso dalla data della notifica della citazione.

 

Il Decreto Milleproroghe (D.L. 29/12/2010, n. 225 convertito nella legge 10/2011)

 Il D.L. 29/12/2010, n. 225 ( cd. decreto milleproroghe convertito nella legge 10/2011) ha introdotto una importante precisazione in tema di prescrizione del diritto del correntista alla ripetizione dell’indebito. Infatti in sede di legge di conversione del predetto decreto  è stato inserito il comma 61 dell’art. 2 che fornisce l’interpretazione autentica dell’art. 2935 del Codice Civile con riferimento alla decorrenza della prescrizione per le operazioni bancarie regolate in conto corrente:

In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto“. 

La disposizione è stata inserita con la Legge 26/02/2011, n. 10 pubblicata nella Gazz. Uff. 26 febbraio 2011, n. 47, S.O.

Per effetto dell’art. 2935 c.c. come interpretato dalla legge di conversione del decreto milleproproghe,  si può conseguire la restituzione degli interessi anatocistici solo per il decennio decorrente dalle singole annotazioni a debito del correntista.

La norma dell’art. 2 comma 61 del testo del decreto legge n.225 del 29.12.2010 coordinato con le modifiche apportate con la legge di conversione n.10 del 26.2.2011 è una norma di interpretazione autentica avente, dunque, efficacia retroattiva.

 

L’Ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale * Tribunale di Benevento * 10 marzo 2011

E’ evidente che la pubblicazione del decreto milleproroghe, poi convertito in legge, ha avuto una portata dirompente nei giudizi pendenti tanto è vero che i correntisti hanno cercato in ogni modo di ottenere un provvedimento di rimessione alla Corte Costituzionale.

La prima ordinanza in Italia di rimessione  alla Consulta è stata emessa, in data 10 marzo 2011, dal Tribunale di Benevento, G.I. dott. Loffredo, ed è relativa ad un giudizio in cui la Banca convenuta è patrocinata dal nostro Studio.

Nel caso di specie è accaduto che il Giudice ha ritenuto opportuno riconvocare il Consulente tecnico d’ufficio per integrare l’elaborato peritale sulla scorta di quanto osservato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 24418 del 2010 in tema di capitalizzazione semplice degli interessi.

A seguito delle contestazioni mosse dal nostro Studio in merito alla intervenuta prescrizione del diritto del correntista alla luce del decreto milleproroghe convertito nella legge n. 10 del 2011, il dott. Loffredo ha valutato l’opportunità di rimettere gli atti alla Corte Costituzionale al fine di verificare la legittimità dell’art. 2935 come interpretato dalla legge 10/2011.

Il dott. Loffredo ha motivato l’ordinanza, considerando che la conseguenza della norma “sarebbe l’estinzione per prescrizione del diritto dell’attore alla restituzione degli importi versati a titolo solutorio e annotati oltre dieci anni prima della data di notificazione della richiesta stragiudiziale di restituzione  dell’indebito, che rappresenta il primo degli atti interruttivi della prescrizione risultante in atti”.

E ancora il Giudice rimettente: “Ne consegue che, ove l’impugnata norma si applicasse anche per il passato e ai giudizi in corso, si avrebbe non solo una violazione del  principio di uguaglianza e un’ingiustificata disparità di trattamento, ma anche una frustrazione dell’articolo 24 della Costituzione (la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ndr), oltre che una
invasione ingiustificata delle prerogative proprie della Magistratura Ordinaria con violazione dell’art. 102 della Costituzione. L’impugnata norma realizza, infine, un’eclatante violazione dei principi di tutela del risparmio delle famiglie e delle imprese, delle quali ultime intacca la libertà di iniziativa economica, così violando gli artt. 41 e 47 della Costituzione
”.

Il dott. Loffredo ha spiegato inoltre che la legge, “pur se definita dai primi commentatori come ‘legge salva banche’, rischia di pregiudicare irrimediabilmente anche il diritto delle banche ad ottenere in restituzione somme date a mutuo ai correntisti in regime di apertura di credito in conto corrente, se annotate prima di dieci anni dalla formale richiesta di rientro o di pagamento del saldo finale di chiusura del conto. Le considerazioni sopra sviluppate valgono a maggior ragione riguardo alla seconda parte dell’impugnata norma, vale a dire a quella sorta di norma transitoria la quale dispone che “… In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge”, il 27 febbraio 2011.

 Bisognerà a questo punto attendere la pronuncia della Consulta che in ogni  caso per entrambi le parti in causa avrà notevoli conseguenze sul contenzioso bancario.

Scarica l’ordinanza del Tribunale di Benevento

1 ottobre 2010

Consulenza tecnica di parte e ricorso per revocazione ex art.102 l.f.

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Pubblichiamo una interessante sentenza con la quale il Collegio preposto ai fallimenti presso il Tribunale di Benevento si è pronunciato in merito ad un ricorso in revocazione proposto dalla curatela di un fallimento ai sensi dell’art.102 l.f.

La sentenza n.1312/2010 ha rigettato il ricorso precisando che tale strumento è funzionale alla correzione di errori attinenti alla sussistenza del credito ammesso al passivo del fallimento oppure relativi alla determinazione del quantum del medesimo credito. La norma dell’art.102 l.f. stabilisce le condizioni per conseguire la revocazione del decreto del Giudice Delegato di ammissione al passivo del credito, precisando che, a tal fine, è necessario che ricorra un errore scaturito da un vizio di percezione della realtà fattuale e che tale vizio sia ricollegabile a falsità, dolo, errore essenziale ovvero ignoranza di documenti decisivi successivamente rinvenuti, prima ignorati.

Nel caso di specie il collegio ha escluso espressamente che la consulenza tecnica commissionata dalla curatela del fallimento per ricostruire il credito della Banca ammesso al passivo potesse rappresentare un documento nuovo. In realtà, gli unici documenti fondanti le valutazione del Giudice delegato erano gli estratti conto già disponibili sin dal deposito della domanda di insinuazione al passivo. Peraltro, non si ritiene configurabile nemmeno un errore di valutazione del Giudice che possa giustificare la revocazione; infatti, nel caso di specie, eventualmente, ricorreva solo un inesatto apprezzamento del materiale probatorio.

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